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lunedì 5 marzo 2018

IL SIG. PUNTILA E IL SUO SERVO MATTI di Bertold BRECHT al TEATRO TOSELLI DI CUNEO


       Non so se e quando un’opera teatrale di B. Brecht sia mai stata rappresentata a Cuneo. Sta di fatto che la rappresentazione del suo famoso testo  “il Signor Pùntila e il suo servo Matti”  da parte del Teatro dell’Elfo di Milano la sera di giovedì 22 Febb. 2018 nel corso della stagione teatrale 2017/18 del Teatro Toselli di Cuneo, sia stato lo spettacolo migliore finora visto da me . In tutti i sensi : contenuto del testo, regia e recitazione.
       Facciamo un po’ di storia .  Bertolt  Brecht  è nato ad Augusta il 1° Febb. 1898 (il Toselli, magari inconsciamente  ha fatto bene a ricordare il centoventesimo anno dalla sua nascita)  e morì a Monaco di Baviera il 14 Agosto 1956.   La sua enorme produzione letteraria (teatro, poesia, racconti, aforismi) esprime una grande capacità compositiva e poetica e abilità nel narrare storie estremamente vitali per leggere il nostro presente . La vita lo portò a confrontarsi nel modo più aspro, vivendo gli anni dell’ascesa del nazismo ed essendo infine costretto ad emigrare, prima in altri paesi d’Europa e poi negli Stati Uniti, come molti intellettuali tedeschi della sue generazione.
       Venendo al suo teatro, Antonio Audino nella Storia del Teatro moderno e contemporaneo dice :  è facile notare in esso  una sua visione del tutta autonoma ed originale ed insieme  un pensiero ancor oggi vitalissimo. In estrema sintesi è un pensiero politico,  che, come in lui in tanti spiriti di alta idealità, consiste in una infinita fiducia nell’uomo e nelle sue qualità, una convinta adesione alle istanze più profonde dell’anima di ogni persona, travolte, mortificate e spesso cancellate dalle strutture che governano la società. Per fare ciò Brecht si rende conto che bisogna rinnegare l’idea che il teatro sia un luogo di evasione dove sentirsi raccontare storie, dove palpitare delle vicissitudini di un eroe, attraversando, grazie e lui, una catarsi liberatoria. Per Brecht, prosegue Audino, il problema di fondo è quello di non far perdere capacità critica e intelligenza allo spettatore, di non coinvolgerlo in una mimesi che lo ponga al centro di una realtà parallela, sopratutto non mettendo a tacere, in cambio di una banale emozione psicologica, la possibilità di ragionare intorno a quanto si sta osservando. Brecht ripudia l’immedesimazione dello spettatore, lo vuole sveglio, attivo, capace di elaborare nuove forme di pensiero attraverso lo spettacolo, magari anche di opporsi e di entrare in contraddizione con il fatto artistico.  Non teatro di diletto e di evasione ma teatro di rapporto con la polis, la società, da cui teatro epico, ma  che insieme si allontana in modo drastico e definito dall’idea che la scena possa in qualche modo assomigliare alla vita.   Vale la pena di riprendere qualche citazione da B.B. “Teatro di divertimento o teatro di insegnamento” in  Scritti teatrali, Einaudi ,Torino, 1962 per la migliore comprensione di cosa si intende per “teatro epico”. “Nessun aspetto della rappresentazione – scrive Brecht – doveva   non più consentire allo spettatore di abbandonarsi, attraverso la semplice immedesimazione, ad emozioni incontrollate (e praticamente inconcludenti). La recita sottoponeva dati e vicende ad un processo di straniamento, quello straniamento che è appunto necessario perchè si capisca (...) . Lo spettatore del teatro drammatico dice: - sì, anche io ho provato questo sentimento. – sì anche io sono così – bè questo è naturale – sarà  sempre così, la sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè non ha altra via d’uscita – Questa è grande arte: qui tutto è ovvio, è evidente. – Io piango con quello che piange, rido con quello che ride.  --- Lo spettatore del teatro epico dice: A questo non ci avrei mai pensato – Questo non si deve fare così. – E’ sorprendente, quasi inconcepibile. – Non può andare avanti così – La sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè avrebbe pure una via d’uscita ! – Questa è grande arte: qui non c’è nulla di ovvio, - Io rido di quello che piange, piango di quello che ride.””
       Dunque il teatro epico è un teatro che risveglia il pensiero - conclude Antonio Audino (come sopra), che crea una contrapposizione tra lo spettatore e quello che gli accade davanti, che vuole portare il pubblico ad un atteggiamento critico rispetto alle vicende narrate ed ai personaggi, giacchè questi sono comunque delle metafore di condizioni sociali precise, e l’obiettivo finale resta quello di riflettere sulla società in cui si vive. Per questo il teatro epico viene definito dialettico e didattico.

       Venendo all’opera brechtiana rappresentata al Teatro Toselli , “Il signor Pùntila ed suo servo Matti”, ricordiamo che ebbe la sua prima  il 19 Nov. 1949 alla presenza del governo della Repubblica Democratica tedesca (regime comunista).  La trama la ricavo dal puntuale programma di sala: “”Il ricco possidente Sig. Pùntila da sobrio è un tiranno che vessa e sfrutta i suoi dipendenti e vuol dare sua figlia in moglie ad un  diplomatico inetto ed a caccia di dote, mentre, quando è ubriaco diventa amico di tutti e vuol far sposare la giovane al suo autista Matti, che tratta su un piano di parità.  Sfortunatamente le sbronze passano sempre ! E spetta proprio al tagliente Matti il compito di smontare le false promesse del padrone”.  Intorno ai due protagonisti una varia umanità vive una serie di situazioni ora  tristi ora allegre,  ottimamente realizzate dalla compagnia del Teatro dell’Elfo di Milano. Un bravissimo Ferdinando Bruni, traduttore di Brecht, regista e sopratutto primo attore sempre in scena ha bene evidenziato la doppia natura del sig. Pùntila l’aspetto umano, fanciullesco, direi, e la sua vera identità canagliesca da padrone.  Quanto fa pensare Brecht ancora in questi tempi di indecente disuguaglianza sociale ! Con l’efficace, affiatata, collaudata collaborazione  di Luciano Scarpa, Ida Marinali, Corinna Agustoni, Elena Russo Arman, Luca Toracca, Umberto Petranca, Nicola Stravalaci, Matteo De Mojana, Francesca Turrini, Francesca Baldi, Carolina Cametti, .    
   Tutti insieme questi bravissimi attori hanno realizzato una spettacolo pieno di motivi di pensiero ma insieme scorrevole e piacevole da vedersi (nello stile della famosa rappresentazione dell'"Opera da Tre soldi" nella regia di G. Strehler)  ed in ciò coadiuvati da musiche originali di Paul Dessau (collaboratore di Brecht come Kurt Weil) e scene di Francesco Frongia.  Molte chiamate, molti applausi ed anche qualche meritato fischio di entusiasmo.   A.S.
                     VOTO 10 (dieci)  FISCHI DI APPROVAZIONE

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