Nella stagione
teatrale del nostro Teatro Toselli e precisamente il 28 Febb.2018 è stata
rappresentata da parte del Teatro dell’Elfo di Milano l’opera teatrale di B. Brecht “il Signor Pùntila e il suo
servo Matti”, Venerdì sera 29 Novembre
2019 è ritornata sul palco del Toselli un’ altra celebre opera teatrale di Bertold
Brecht MADRE COURAGE E I SUOI FIGLI
traduzione Roberto Menin
drammaturgia
musicale e regia Paolo Coletta
musica Paul Dessau
produzione
Società per Attori e Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione
con Fondazione Campania dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia .
Trovo
comodo e valido usare come premessa al
commento di questa rappresentazione di un altro, famoso dramma di Brecht, quanto ho scritto allora, e cioè.
Facciamo un po’
di storia . Bertolt Brecht è nato ad Augusta il 1° Febb. 1898
e morì a Monaco di Baviera il 14 Agosto 1956. La sua enorme produzione
letteraria (teatro, poesia, racconti, aforismi) esprime una grande capacità
compositiva e poetica e abilità nel narrare storie estremamente vitali per
leggere il nostro presente . La vita lo portò a confrontarsi nel modo più
aspro, vivendo gli anni dell’ascesa del nazismo ed essendo infine costretto ad
emigrare, prima in altri paesi d’Europa e poi negli Stati Uniti, come molti
intellettuali tedeschi della sue generazione.
Venendo al suo
teatro, Antonio Audino nella Storia del Teatro moderno e contemporaneo dice
: è facile notare in esso una sua visione del tutta autonoma ed
originale ed insieme un pensiero ancor oggi vitalissimo. In estrema
sintesi è un pensiero politico, che, come in lui in tanti spiriti di alta
idealità, consiste in una infinita fiducia nell’uomo e nelle sue qualità, una
convinta adesione alle istanze più profonde dell’anima di ogni persona,
travolte, mortificate e spesso cancellate dalle strutture che governano la
società. Per fare ciò Brecht si rende conto che bisogna rinnegare l’idea che il
teatro sia un luogo di evasione dove sentirsi raccontare storie, dove palpitare
delle vicissitudini di un eroe, attraversando, grazie e lui, una catarsi
liberatoria. Per Brecht, prosegue Audino, il problema di fondo è quello di non far
perdere capacità critica e intelligenza allo spettatore, di non coinvolgerlo in
una mimesi che lo ponga al centro di una realtà parallela, soprattutto non
mettendo a tacere, in cambio di una banale emozione psicologica, la possibilità
di ragionare intorno a quanto si sta osservando. Brecht ripudia
l’immedesimazione dello spettatore, lo vuole sveglio, attivo, capace di
elaborare nuove forme di pensiero attraverso lo spettacolo, magari anche di
opporsi e di entrare in contraddizione con il fatto artistico. Non teatro
di diletto e di evasione ma teatro di rapporto con la polis, la società,
da cui teatro epico, ma che insieme si allontana in modo drastico
e definito dall’idea che la scena possa in qualche modo assomigliare alla
vita. Vale la pena di riprendere qualche citazione da B.B. “Teatro
di divertimento o teatro di insegnamento” in - Scritti teatrali, Einaudi,
Torino,1962 - per la migliore comprensione di cosa si intende per “teatro
epico”. “ Alcun aspetto della rappresentazione – scrive Brecht – non doveva più
consentire allo spettatore di abbandonarsi, attraverso la semplice
immedesimazione, ad emozioni incontrollate (e praticamente inconcludenti). La
recita sottoponeva dati e vicende ad un processo di straniamento, quello
straniamento che è appunto necessario perchè si capisca (...) . Lo
spettatore del teatro drammatico dice: - sì, anche io ho provato questo
sentimento. – sì anche io sono così – bè questo è naturale – sarà sempre
così, la sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè non ha altra via d’uscita
– Questa è grande arte: qui tutto è ovvio, è evidente. – Io piango con quello
che piange, rido con quello che ride. --- Lo spettatore del teatro
epico dice: A questo non ci avrei mai pensato – Questo non si deve fare
così. – E’ sorprendente, quasi inconcepibile. – Non può andare avanti così – La
sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè avrebbe pure una via d’uscita ! –
Questa è grande arte: qui non c’è nulla di ovvio, - Io rido di quello che
piange, piango di quello che ride.””
Dunque il teatro
epico è un teatro che risveglia il pensiero - conclude Antonio Audino (come
sopra), che crea una contrapposizione tra lo spettatore e quello che gli accade
davanti, che vuole portare il pubblico ad un atteggiamento critico rispetto
alle vicende narrate ed ai personaggi, giacchè questi sono comunque delle
metafore di condizioni sociali precise, e l’obiettivo finale resta quello di
riflettere sulla società in cui si vive. Per questo il teatro epico
viene definito dialettico e didattico.
Questo
è quanto dicevo a premessa del commento
allo spettacolo di “Puntila ed il suo servo Matti” e non posso che ripeterlo a
commento della rappresentazione di Madre Courage .
Scritta nel 1938 da Brecht durante il suo esilio, Madre
Courage e i suoi figli, tra i capolavori del drammaturgo tedesco, è
un’opera di denuncia degli orrori della guerra dei Trent'anni., degli orrori di
tutte le guerre. Il dramma si sviluppa tra contraddizioni e antinomie,
attraverso il personaggio principale, Anna Fierling, vivandiera al seguito
dell'esercito e madre di tre figli che cerca a suo modo di proteggere, pur
occupandosi con scaltrezza di fare affari con i soldati vendendo le sue
mercanzie. Anna perderà i suoi figli inesorabilmente uno dopo l’altro, ma
nonostante il dolore per questo lutto, continuerà ostinatamente a maledire la
pace e a credere che non tutto sia perduto per il suo commercio e la sua
sopravvivenza economica. In questa vicenda come nel raccontarne altre Brecht
usa il procedimento ironico del ribaltamento delle situazioni. In una
situazione di estrema tragedia quale è quella provocata dalle guerre Madre
Courage invece di invocare la pace la teme e la maledice come attentato al suo
commercio di mercanzie piccole e misere ma – per lei - e per i suoi figli unico
mezzo di sostentamento. E’ questo il drammatico dilemma tra il morire per miseria o morire per
violenza in cui si trova Madre Courage. E lei. per miseria, giunge a maledire la pace anche di fronte al
più tremendo dolore che possa provare una madre, la perdita dei suoi figli, qui
proprio nell’invocata guerra.
A ben
intendere l’ironia della situazione immaginata da Brecht giunge a far preferire
a Madre Courage i danni della guerra a quelli della miseria. Si tratta di ironia razionale e satira
realistica veramente amarissime perché i dilemmi tra miseria e morte (vedi Ilva
di Taranto) sono ancora attualissimi.
Non posso che dire bene di questa compagnia numerosa
(alla faccia dei soliti monologhi autocelebrativi – tranne quello di Ottavia Piccolo) che ha rappresentato il testo brechtiano con
spirito “epico” che vuole qui significare anche costumi, scene povere (con un
incombente buco di celluloide alla moda
di Burri) e suoni adatti a tempi di
sangue e miseria. (Per guerra dei trent'anni s'intende una
serie di conflitti armati che dilaniarono l' Europa centrale tra il 1618 e il
1648. Fu una delle guerre più lunghe e distruttive). I suoni erano quelli originali della musica composta
da Paul Dessau in linea con lo stile brechtiano di Kurt Weil. La regia e la drammaturgia musicale (?) erano di Paolo Colella : con un testo di Brecht cosa può fare un regista se non Brecht e qui c'era ? Gli attori meritano di essere nominati tutti: Mauro Marino,
Giovanni Ludeno, Andrea Paolotti, Anna Rita Vitolo, Roberto Pappalardo, Tito
Vittori, Marco Autore, Ludovica D’Auria, Francesco Del Gaudio, ma sopra tutti svettava la interpretazione
appassionata della protagonista : Maria Paiato.
Sempre in scena, con un testo lunghissimo e accidentato sempre sulle
labbra, con la variazione dei toni
dall’impetuoso al mesto, questa sua Madre Courage mi ha ricordato la interpretazione
storica di Lina Volonghi, e non è poco. La sua energia ha trascinato tutta la
compagnia nella satira realistica di Bertold Brecht, che forse non tutti del
numeroso pubblico ha capito e/o approvato ma che tutti hanno applaudito, non
fragorosamente, ma applaudito con ripetute chiamate al proscenio.
FISCHIO 10 (dieci)