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martedì 18 febbraio 2020

CHECOV NON CECHOV


      Martedì 11 Febbraio 2020 sono stato al Toselli (della cui stagione teatrale sono abbonato). Avevo molta fiducia di vedere realizzato teatralmente un testo del mio ammiratissimo Anton Cechov dal titolo PLATONOV. Era un testo che non conoscevo ma il teatro di Cechov con le pause ed suoi silenzi, la melanconia struggente dei suoi personaggi,  si.
Invece mi sono trovato difronte ad uno spettacolo prorompente agitazione, grida, violenza, poco cechoviana.  Credevo di attribuire il tutto alla “riscrittura” di Marco Lorenzi (che era anche il regista) e Lorenzo De Iacovo, operazione molto frequente e spesso infedele nei confronti  degli autori.
Invece andando a cercarmi la storia di Platonov ho appreso che questa è la prima delle opere teatrali del giovane medico che si affaccia su una società spietata e violenta quale la Russia del clima dei ” servi della gleba” (abolita solo nel 1861 l’anno dopo quello della sua nascita) .  E’ da questo clima in cui era cresciuto, Cechov giunge alla conclusione che “la madre di tutti i mali russi, è l’ignoranza che sussiste in egual misura in tutti i partiti,  in tutte le tendenze” (cosa che avviene anche oggi e non solo in Russia n.d.r).
Forse è perciò che Cechov concepisce Platonov , già maestro elementare, diventato cinico, che ama apparire in società come un gaudente che vive delle glorie e degli ideali della sua promettente giovinezza.  Invece è un uomo senza qualità, un fallito, narcisista al punto di non comprendere né considerare le esigenze di chi gli sta intorno : la moglie , tanto gelosa quanto premurosa , e le sue tre amanti, ovvero la sua vecchia compagna di studi appena sposata , una giovane sedotta ed abbandonata e una squattrinata vedova di origini nobiliari. Nella versione  presentataci al Toselli , vi è poi uno squallido strozzino (rappresentante  della nascente borgesi russa).  Scrive un critico: “ La monotonia della nebbiosa provincia russa sembra avvolgere tutto, conferendo ai dialoghi ed ai personaggi stessi un’atmosfera sbiadita e rarefatta, il sentore di una ipocrisia latente , che inesorabilmente contagia i difficili rapporti umani. Il sentimento dominante è la noia che appare fin dalla prima battuta dell’opera e per sfuggire a questa impalpabile malattia dell’esistenza si è disposti a tutto: a sedurre ed essere sedotti, sognare partenze impossibili verso “nuovi mondi” oppure cercare una facile e pericolosa evasione nell’alcool, da sempre vera piaga sociale della Russia.  Forse per questo tutte le donne amano Platonov, perché rappresenta il sogno di un cambiamento, dell’avventura, della giovinezza anche solo per rompere la piattezza della quotidianità.  Platonov paradossalmente attrae le donne spaciandosi proprio per il nuovo che avanza, con i suoi discorsi vani, i suoi falsi ideali, il suo fascino di reduce, che, pur sconfitto dalla vita, continua ad avanzare per inerzia, memore degli effimeri successi passati. Non è un  caso che Cechov abbia scelto per lui la professione del maestro di scuola: un “cattivo maestro”, appunto in una società che scivola velocemente verso un’ irreversibile decadenza””.
      Questo quadro è il mondo del Cechov  maturo e ripiegato su se stesso (lo vedremo – spero -  ne “Il giardino dei ciliegi”) ma in Platonov - secondo me -  vede un mondo che gli ripugna e che vorrebbe cambiare : quello di un vinto che nella violenza e nell’alcool cerca di non scivolare nel fango che lo soffoca però si omette il quarto atto dove l’eroe eponimo  muore :  è  Cechov  a cancellarlo !
       Forse la “riscrittura” e la rappresentazione del Platonov visto al Toselli  voleva fare emergere tutto ciò (e che altro ?) ma  la sottigliezza psicologica di Cechov è stata soverchiata dalla interpretazione del ruolo da parte di Marco Sinisi  urlata sul pubblico e anche sugli altri personaggi, peraltro scialbi.  Scenografia con pareti mobili e diapositive disturbanti.   
      Il pubblico è stato travolto ed ha applaudito lungamente e “sonoramente” con ragione, forse.
                                         VOTO 8 (otto)                                          



sabato 8 febbraio 2020

ALTRI DUE MONOLOGHI al TOSELLI di Cuneo


  1. Dopo una breve pausa, dovuta alla fragilità del mio corpo, ritorno ad occuparmi della stagione teatrale tuttora in corso al nostro Teatro Toselli. Veramente una stagione teatrale dovrebbe consistere in "teatro" cioè azione dialogante, mentre finora sul palcoscenico del Teatro Toselli sono stati presentati finora ben 7  monologhi più o meno teatralizzati.  Ho l’impressione –mia personale – che su questa abbondanza di monologhi possa aver influito l’aspetto economico. Con un solo attore recitante e,  in genere,  pochi mezzi scenici, gli spettacoli dovrebbero costare relativamente  meno del solito, sia per chi li realizza sia per chi li acquista.                         Dirò di due degli ultimi spettacoli rappresentati al Toselli. “Manuale di volo per uomo” (30 Genn. 2020) monologo di Simone Cristicci, e  “Trieb. L’indagine” monologo di Chiara Ameglio (Venerdì 7 Febbraio 2020).



 Un accenno (non merita di più) su “TRIEB. L’INDAGINE”.
   Il mio giudizio su questa idea, coreografia e interpretazione, di Chiara Ameglio è quello di una " cagata pazzesca" (scusatemi la volgarità dell’espressione del resto usata ormai nel linguaggio comune).  L’agitarsi continuo  della unica protagonista tra teatro (peraltro quasi muto) e danza (o meglio ginnastica)  non consente al pubblico di percepire un bel nulla tanto che alla sommessa domanda finale della “attrice”, “ho detto qualcosa ?” io rispondo convintamente, “ non hai detto un bel nulla anche con quel finale del tuo corpo nudo".   Il pubblico anche - se chiaramente disorientato -  ha applaudito, ma stavolta poco, indotto soprattutto dalla  giovinezza ed incoscienza .                      
                                                               VOTO 5 (cinque)


Di tutta altra stoffa è fatto il “MANUALE DI VOLO PER  UOMO” monologo di Simone Cristicci e Gabriele Ortenzi.
        Simone Cristicchi è un cantautore, attore teatrale e scrittore italiano.  È stato il vincitore del Festival di Sanremo 2007 con il brano “Ti regalerò una rosa”. Dal 2017 è il direttore del Teatro stabile d'Abruzzo.      Oltre a cantare, e ce ne ha dato un piccolo campione a fine spettacolo, ha ormai una consistente esperienza d’attore per cui il contenuto e la recitazione del suo monologo  “manuale di volo per uomo” sono stati coinvolgenti.
       Chi di noi (uomini)  non fa – in un certo momento della vita – il bilancio della sua esistenza ? : il “volo” io lo interpreto così. Se poi tale bilancio è esposto in presenza del ricordo della madre emergono errori e dimenticanze che hanno bisogno di un perdono e di una consolazione.  Tale bilancio lo fa l'attore Cristicchi con molti gesti e parole, ed è teatralmente efficace.  
Il testo forse non è quello di un  Ingmar Bergman  nei suoi film del sogno e del ricordo (vedasi  “Il posto delle fragole”) ma le parole ed i gesti scenografici di Cristicci sono stati convincenti a determinare la partecipazione del numeroso pubblico cha ha quindi molto applaudito con ripetute chiamate al proscenio dell’attore.
                                                               VOTO 9 (nove)