Oggi mi addentro in un tema culturalmente minato: l’arte informale. Di questa bisogna trattare parlando della mostra che per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo si è inaugurata il 27 maggio u.s. e si protrarrà fino al 22 ottobre p.v. nel nostro bel S. Francesco.
Già il titolo mi rende perplesso: “IO NON AMO
LA NATURA – Pop Art italiana dalle collezioni della Gam - Torino “. Non è propriamente un invito per il visitatore che – come me - ama la natura. Chi non ama la natura sarà l’organizzatore
probabilmente, la GAM di Torino, e si vede, perché gli oggetti esposti hanno ben poco da
fare con la natura, anzi criticano, si oppongono alla natura e/o alla realtà. Vi è poi un sottotitolo della mostra “POP ART ITALIANA”, che vorrebbe essere
più esplicativo. Io sapevo che l’arte Pop è nata negli Stati
Uniti negli anni cinquanta del ‘900
sotto la spinta della società di massa e soprattutto della pubblicità, e
che aveva espresso strumenti
comunicativi adeguati alle dinamiche di tale società. Tanto per essere espliciti: avete presenti le opere di Andy Warhol (ne
ha fatto recente mostra a Cuneo, la Galleria Skema in collaborazione con la Fondazione
Casa Delfino)? Quegli enormi faccioni,
ritoccati in vari colori, di Mao o di Marilyn Monroe, o le riproduzioni della
famose scatole di Campbell's Soup
Cans: ebbene questa è arte pop. “In sostanza un quadro di Warhol che
ripete l’ossessiva immagine di una bottiglia di Coca Cola ci testimonia come
quell’oggetto sia oramai divenuto un referente più importante, rispetto ad
altri valori interiori o spirituali, per giungere a quella condizione
esistenziale che i mass media propagandano come vincente nella società
contemporanea".
In
verità degli autori di pop italiano io non conosco molti nomi. Per esempio Gianni Bertini, Enrico Baj, Mimmo Rotella, Fabio
Mauri, hanno saputo cogliere per primi la nuova temperie culturale, il nuovo
clima anche sociale che andava maturando negli anni Cinquanta, e le loro opere si pongono, stilisticamente
e temporalmente, a fianco degli artisti pop statunitensi, anche se gli stimoli
che provengono loro dalle società in cui vivevano, sono diversi.
Anche se di Mimmo Rotella in S. Francesco è
esposta una sola opera, di arte pop italiana non parlerei ; parlerei invece di
“arte povera” che è propriamente una
prerogativa dell’arte torinese degli anni ‘60 del ‘900. I nomi di Kounellis, Pistoletto, Merz,
Paolini, Ceroli presenti in San
Francesco sono protagonisti di questo movimento che si
potrebbe definire “l’estetica dell’ordinario”.
E’ stato scritto [1]:
“Durante gli anni Sessanta del ‘900, in
Italia si verificano profondi cambiamenti sociali e politici; la città di
Torino, in particolare, è teatro di grandi trasformazioni e partecipa alla
svolta epocale in un clima animato da forti contraddizioni. Nel 1961,
centenario dell’Unità nazionale, la città supera il milione di abitanti ,
diventando uno dei maggiori poli industriali d’Italia. Il boom economico è stato tuttavia seguito da tensioni sociali:
nelle fabbriche, gli operai si sono battuti per l’adeguamento dei salari,
trovando preziosi alleati negli studenti, che reclamavano il diritto allo
studio per tutti gli strati sociali.
Questo desiderio di rinnovamento ha favorito un inedito fermento culturale,
che porta alla nascita di un nuovo fronte di intellettuali ed artisti. Per i
pittori italiani arriva così il momento in cui il quadro a parete risulta
inadeguato a tradurre la complessità del reale. Un gruppo di artisti, attivo
tra Torino e Roma, elabora una nuova estetica.
Che nel 1967 è definita “arte povera” dal critico Germano Celant. Punto
di partenza del movimento è la scelta di elementi “poveri”, non propriamente
artistici ma di origine naturale, vegetale, minerale, o ancora materiali desunti
dalla tecnologia, come neon o motori, banali strumenti del quotidiano. Le opere
sono caratterizzate dalla introduzione di elementi simbolici, come il fuoco e
gli animali vivi di Jannis Kounellis, o da forme inedite e di difficile
classificazione, come gli Igloo di
Mario Merz o i Quadri specchianti di Michelangelo Pistoletto o i Tappeti natura di Piero Gilardi. Sono esempi della
volontà di superare i limiti concettali e materiali del quadro dipinto, in
favore di una concezione vitalistica e creativa del gesto artistico, di cui
l’arte povera è stata interprete a livello internazionale."
Se gli organizzatori della mostra di
Cuneo si sono ripromessi di mettere su una mostra come quelle che hanno fatto e
fanno Genova, Torino e Milano ma anche piccole città, come Forlì (mostra del liberty) o Treviso (gli
impressionisti), o Alba (Carrà, Casorati
e Balla) che hanno richiamato migliaia di
visitatori, potenziali turisti, ho forti
dubbi che a Cuneo, raggiungeranno tale scopo. Scopo peraltro molto nobile e
lodevole . Vedremo alla fine il numero
vero (non quello proclamato) dei visitatori e della risonanza di tale mostra ,
a cui auguro, ovviamente, il maggiore successo possibile. Certo i visitatori non son richiamati da una
adeguata pubblicità : qualche manifesto in città, qualche piccolo annuncio sui
giornali locali e su quelli nazionali, sulle riviste, sui mezzi di comunicazione ? E quel titolo,
quel titolo !!
I visitatori non sono certo aiutati alla comprensione di
opere che non basta un autore o un titolo a far “capire” il significato
concettuale (se ne hanno). Non un
cartello esplicativo sul periodo storico a cui si riferisce l’”arte povera” che
io continuo a sostenere sia la sigla appropriata di questa mostra ; non un
cartello su cosa si intende per “arte povera” o il “pop italiano” dichiarato
nel sottotitolo. Solo su uno smilzo
fascicoletto contenente le “schede biografiche degli artisti in mostra”. Si dirà che sono state previste della visite
guidate ma non tutti i visitatori locali e forestieri possono parteciparvi. Quindi il visitatore è lasciato solo di
fronte ad opere astratte, di per sé difficili da comprendere ed apprezzare come ho cercato di spiegare sopra.
La GAM di Torino (come tutti i musei) ha i
magazzini pieni di opere regalate, acquistate e non esposte, specie di produzione
torinese. Ha pensato di mandarle a Cuneo
e la ricca Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, generosamente e con
encomiabile volontà di fare alta cultura anche a Cuneo, ha sovvenzionato
l’iniziativa come aveva sovvenzionato le
prestigiose mostre realizzate ad Alba.
Purtroppo non credo che la mostra di
Cuneo avrà lo stesso successo di quelle. Peccato !
Tuttavia
meglio questo che niente e quindi
FISCHIO
SI’ 7 VOLTE
Antonio
Sartoris
[1] Dalla
presentazione scritta del video “Arte povera” raccontata da Germano Celant
presentato alla Fondazione Casa Delfino nella serie degli Inviti di Ulisse,
venerdì 16 Giugno 2017, nel silenzio generale dei media locali e nel disinteresse
totale della parte più colta (si fa per
dire) della popolazione cuneese.