Non so
se e quando un’opera teatrale di B. Brecht sia mai stata rappresentata a Cuneo.
Sta di fatto che la rappresentazione del suo famoso testo “il Signor Pùntila e il suo servo Matti” da parte del Teatro dell’Elfo di Milano la
sera di giovedì 22 Febb. 2018 nel corso della stagione teatrale 2017/18 del
Teatro Toselli di Cuneo, sia stato lo spettacolo migliore finora visto da me .
In tutti i sensi : contenuto del testo, regia e recitazione.
Facciamo
un po’ di storia . Bertolt Brecht
è nato ad Augusta il 1° Febb. 1898 (il Toselli, magari inconsciamente ha fatto bene a ricordare il centoventesimo
anno dalla sua nascita) e morì a Monaco
di Baviera il 14 Agosto 1956. La sua
enorme produzione letteraria (teatro, poesia, racconti, aforismi) esprime una
grande capacità compositiva e poetica e abilità nel narrare storie estremamente
vitali per leggere il nostro presente . La vita lo portò a confrontarsi nel
modo più aspro, vivendo gli anni dell’ascesa del nazismo ed essendo infine
costretto ad emigrare, prima in altri paesi d’Europa e poi negli Stati Uniti,
come molti intellettuali tedeschi della sue generazione.
Venendo
al suo teatro, Antonio Audino nella Storia del Teatro moderno e contemporaneo
dice : è facile notare in esso una sua visione del tutta autonoma ed
originale ed insieme un pensiero ancor
oggi vitalissimo. In estrema sintesi è un pensiero politico, che, come in lui in tanti spiriti di alta
idealità, consiste in una infinita fiducia nell’uomo e nelle sue qualità, una
convinta adesione alle istanze più profonde dell’anima di ogni persona,
travolte, mortificate e spesso cancellate dalle strutture che governano la
società. Per fare ciò Brecht si rende conto che bisogna rinnegare l’idea che il
teatro sia un luogo di evasione dove sentirsi raccontare storie, dove palpitare
delle vicissitudini di un eroe, attraversando, grazie e lui, una catarsi
liberatoria. Per Brecht, prosegue Audino, il problema di fondo è quello di non
far perdere capacità critica e intelligenza allo spettatore, di non coinvolgerlo
in una mimesi che lo ponga al centro di una realtà parallela, sopratutto non
mettendo a tacere, in cambio di una banale emozione psicologica, la possibilità
di ragionare intorno a quanto si sta osservando. Brecht ripudia
l’immedesimazione dello spettatore, lo vuole sveglio, attivo, capace di
elaborare nuove forme di pensiero attraverso lo spettacolo, magari anche di
opporsi e di entrare in contraddizione con il fatto artistico. Non teatro di diletto e di evasione ma teatro
di rapporto con la polis, la società,
da cui teatro epico, ma che insieme si allontana in modo drastico e
definito dall’idea che la scena possa in qualche modo assomigliare alla
vita. Vale la pena di riprendere
qualche citazione da B.B. “Teatro di divertimento o teatro di insegnamento”
in Scritti teatrali, Einaudi ,Torino,
1962 per la migliore comprensione di cosa si intende per “teatro epico”.
“Nessun aspetto della rappresentazione – scrive Brecht – doveva non più consentire allo spettatore di
abbandonarsi, attraverso la semplice immedesimazione, ad emozioni incontrollate
(e praticamente inconcludenti). La recita sottoponeva dati e vicende ad un
processo di straniamento, quello straniamento che è appunto necessario perchè
si capisca (...) . Lo spettatore del
teatro drammatico dice: - sì, anche io ho provato questo sentimento. – sì
anche io sono così – bè questo è naturale – sarà sempre così, la sofferenza di quest’uomo mi
commuove, perchè non ha altra via d’uscita – Questa è grande arte: qui tutto è
ovvio, è evidente. – Io piango con quello che piange, rido con quello che
ride. --- Lo spettatore del teatro epico dice: A questo non ci avrei mai
pensato – Questo non si deve fare così. – E’ sorprendente, quasi inconcepibile.
– Non può andare avanti così – La sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè
avrebbe pure una via d’uscita ! – Questa è grande arte: qui non c’è nulla di
ovvio, - Io rido di quello che piange, piango di quello che ride.””
Dunque
il teatro epico è un teatro che risveglia il pensiero - conclude Antonio Audino
(come sopra), che crea una contrapposizione tra lo spettatore e quello che gli
accade davanti, che vuole portare il pubblico ad un atteggiamento critico
rispetto alle vicende narrate ed ai personaggi, giacchè questi sono comunque
delle metafore di condizioni sociali precise, e l’obiettivo finale resta quello
di riflettere sulla società in cui si vive. Per questo il teatro epico
viene definito dialettico e didattico.
Venendo
all’opera brechtiana rappresentata al Teatro Toselli , “Il signor Pùntila ed
suo servo Matti”, ricordiamo che ebbe la sua prima il 19 Nov. 1949 alla presenza del governo
della Repubblica Democratica tedesca (regime comunista). La trama la ricavo dal puntuale programma di
sala: “”Il ricco possidente Sig. Pùntila da sobrio è un tiranno che vessa e
sfrutta i suoi dipendenti e vuol dare sua figlia in moglie ad un diplomatico inetto ed a caccia di dote,
mentre, quando è ubriaco diventa amico di tutti e vuol far sposare la giovane
al suo autista Matti, che tratta su un piano di parità. Sfortunatamente le sbronze passano sempre ! E
spetta proprio al tagliente Matti il compito di smontare le false promesse del
padrone”. Intorno ai due protagonisti
una varia umanità vive una serie di situazioni ora tristi ora allegre, ottimamente realizzate dalla compagnia del
Teatro dell’Elfo di Milano. Un bravissimo Ferdinando Bruni, traduttore di
Brecht, regista e sopratutto primo attore sempre in scena ha bene evidenziato
la doppia natura del sig. Pùntila l’aspetto umano, fanciullesco, direi, e la sua
vera identità canagliesca da padrone.
Quanto fa pensare Brecht ancora in questi tempi di indecente
disuguaglianza sociale ! Con l’efficace, affiatata, collaudata
collaborazione di Luciano Scarpa, Ida
Marinali, Corinna Agustoni, Elena Russo Arman, Luca Toracca, Umberto Petranca,
Nicola Stravalaci, Matteo De Mojana, Francesca Turrini, Francesca Baldi,
Carolina Cametti, .
Tutti insieme questi bravissimi attori hanno
realizzato una spettacolo pieno di motivi di pensiero ma insieme scorrevole e
piacevole da vedersi (nello stile della famosa rappresentazione dell'"Opera da Tre soldi" nella regia di G. Strehler) ed in ciò coadiuvati da musiche originali di Paul Dessau
(collaboratore di Brecht come Kurt Weil) e scene di Francesco Frongia. Molte chiamate, molti applausi ed anche
qualche meritato fischio di entusiasmo.
A.S.
VOTO 10 (dieci) FISCHI DI APPROVAZIONE