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lunedì 2 dicembre 2019

MADRE COURAGE E I SUOI FIGLI di Bertold Brecht al "TOSELLI"



       Nella stagione teatrale del nostro Teatro Toselli e precisamente il 28 Febb.2018 è stata rappresentata da parte del Teatro dell’Elfo di Milano l’opera teatrale  di B. Brecht “il Signor Pùntila e il suo servo Matti”,  Venerdì sera 29 Novembre 2019 è ritornata sul palco del Toselli  un’ altra celebre opera teatrale di Bertold Brecht MADRE COURAGE E I SUOI FIGLItraduzione Roberto Menin
 drammaturgia musicale e regia Paolo Coletta musica Paul Dessau
 produzione Società per Attori e Teatro Metastasio di Prato 
in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia .
      Trovo comodo e valido  usare come premessa al commento di questa rappresentazione di un altro, famoso dramma di Brecht,  quanto ho scritto allora, e cioè.
       Facciamo un po’ di storia .  Bertolt  Brecht  è nato ad Augusta il 1° Febb. 1898 e morì a Monaco di Baviera il 14 Agosto 1956.   La sua enorme produzione letteraria (teatro, poesia, racconti, aforismi) esprime una grande capacità compositiva e poetica e abilità nel narrare storie estremamente vitali per leggere il nostro presente . La vita lo portò a confrontarsi nel modo più aspro, vivendo gli anni dell’ascesa del nazismo ed essendo infine costretto ad emigrare, prima in altri paesi d’Europa e poi negli Stati Uniti, come molti intellettuali tedeschi della sue generazione.
       Venendo al suo teatro, Antonio Audino nella Storia del Teatro moderno e contemporaneo dice :  è facile notare in esso  una sua visione del tutta autonoma ed originale ed insieme  un pensiero ancor oggi vitalissimo. In estrema sintesi è un pensiero politico,  che, come in lui in tanti spiriti di alta idealità, consiste in una infinita fiducia nell’uomo e nelle sue qualità, una convinta adesione alle istanze più profonde dell’anima di ogni persona, travolte, mortificate e spesso cancellate dalle strutture che governano la società. Per fare ciò Brecht si rende conto che bisogna rinnegare l’idea che il teatro sia un luogo di evasione dove sentirsi raccontare storie, dove palpitare delle vicissitudini di un eroe, attraversando, grazie e lui, una catarsi liberatoria. Per Brecht, prosegue Audino, il problema di fondo è quello di non far perdere capacità critica e intelligenza allo spettatore, di non coinvolgerlo in una mimesi che lo ponga al centro di una realtà parallela, soprattutto non mettendo a tacere, in cambio di una banale emozione psicologica, la possibilità di ragionare intorno a quanto si sta osservando. Brecht ripudia l’immedesimazione dello spettatore, lo vuole sveglio, attivo, capace di elaborare nuove forme di pensiero attraverso lo spettacolo, magari anche di opporsi e di entrare in contraddizione con il fatto artistico.  Non teatro di diletto e di evasione ma teatro di rapporto con la polis, la società, da cui teatro epico, ma  che insieme si allontana in modo drastico e definito dall’idea che la scena possa in qualche modo assomigliare alla vita.   Vale la pena di riprendere qualche citazione da B.B. “Teatro di divertimento o teatro di insegnamento” in  - Scritti teatrali, Einaudi, Torino,1962 - per la migliore comprensione di cosa si intende per “teatro epico”. “ Alcun aspetto della rappresentazione – scrive Brecht – non doveva più consentire allo spettatore di abbandonarsi, attraverso la semplice immedesimazione, ad emozioni incontrollate (e praticamente inconcludenti). La recita sottoponeva dati e vicende ad un processo di straniamento, quello straniamento che è appunto necessario perchè si capisca (...) . Lo spettatore del teatro drammatico dice: - sì, anche io ho provato questo sentimento. – sì anche io sono così – bè questo è naturale – sarà  sempre così, la sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè non ha altra via d’uscita – Questa è grande arte: qui tutto è ovvio, è evidente. – Io piango con quello che piange, rido con quello che ride.  --- Lo spettatore del teatro epico dice: A questo non ci avrei mai pensato – Questo non si deve fare così. – E’ sorprendente, quasi inconcepibile. – Non può andare avanti così – La sofferenza di quest’uomo mi commuove, perchè avrebbe pure una via d’uscita ! – Questa è grande arte: qui non c’è nulla di ovvio, - Io rido di quello che piange, piango di quello che ride.””
       Dunque il teatro epico è un teatro che risveglia il pensiero - conclude Antonio Audino (come sopra), che crea una contrapposizione tra lo spettatore e quello che gli accade davanti, che vuole portare il pubblico ad un atteggiamento critico rispetto alle vicende narrate ed ai personaggi, giacchè questi sono comunque delle metafore di condizioni sociali precise, e l’obiettivo finale resta quello di riflettere sulla società in cui si vive. Per questo il teatro epico viene definito dialettico e didattico.
                  Questo è quanto  dicevo a premessa del commento allo spettacolo di “Puntila ed il suo servo Matti” e non posso che ripeterlo a commento della rappresentazione di Madre Courage .
Scritta nel 1938 da Brecht durante il suo esilio, Madre Courage e i suoi figli, tra i capolavori del drammaturgo tedesco, è un’opera di denuncia degli orrori della guerra dei Trent'anni., degli orrori di tutte le guerre. Il dramma si sviluppa tra contraddizioni e antinomie, attraverso il personaggio principale, Anna Fierling, vivandiera al seguito dell'esercito e madre di tre figli che cerca a suo modo di proteggere, pur occupandosi con scaltrezza di fare affari con i soldati vendendo le sue mercanzie. Anna perderà i suoi figli inesorabilmente uno dopo l’altro, ma nonostante il dolore per questo lutto, continuerà ostinatamente a maledire la pace e a credere che non tutto sia perduto per il suo commercio e la sua sopravvivenza economica. In questa vicenda come nel raccontarne altre Brecht usa il procedimento ironico del ribaltamento delle situazioni. In una situazione di estrema tragedia quale è quella provocata dalle guerre Madre Courage invece di invocare la pace la teme e la maledice come attentato al suo commercio di mercanzie piccole e misere ma – per lei - e per i suoi figli unico mezzo di sostentamento. E’ questo il drammatico dilemma  tra il morire per miseria o morire per violenza in cui si trova Madre Courage. E lei. per miseria,  giunge a maledire la pace anche di fronte al più tremendo dolore che possa provare una madre, la perdita dei suoi figli, qui proprio  nell’invocata guerra.
            A ben intendere l’ironia della situazione immaginata da Brecht giunge a far preferire a Madre Courage i danni della guerra a quelli della miseria.  Si tratta di ironia razionale e satira realistica veramente amarissime perché i dilemmi tra miseria e morte (vedi Ilva di Taranto) sono ancora attualissimi.

      Non posso  che dire bene di questa compagnia numerosa (alla faccia dei soliti monologhi autocelebrativi –  tranne quello di Ottavia Piccolo)  che ha rappresentato il testo brechtiano con spirito “epico” che vuole qui significare anche costumi, scene povere (con un incombente  buco di celluloide alla moda di Burri) e suoni adatti a tempi  di sangue e miseria. (Per guerra dei trent'anni s'intende una serie di conflitti armati che dilaniarono l' Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Fu una delle guerre più lunghe e distruttive). I suoni erano quelli originali della musica composta da Paul Dessau in linea con lo stile brechtiano di Kurt Weil. La regia e la drammaturgia musicale (?) erano di Paolo Colella : con un testo di Brecht cosa può fare un regista se non Brecht e qui c'era ?  Gli attori meritano di essere nominati tutti: Mauro Marino, Giovanni Ludeno, Andrea Paolotti, Anna Rita Vitolo, Roberto Pappalardo, Tito Vittori, Marco Autore, Ludovica D’Auria, Francesco Del Gaudio,  ma sopra tutti svettava la interpretazione appassionata della protagonista : Maria Paiato.  Sempre in scena, con un testo lunghissimo e accidentato sempre sulle labbra, con la variazione dei toni dall’impetuoso al mesto, questa sua Madre Courage mi ha ricordato la interpretazione storica di Lina Volonghi, e non è poco. La sua energia ha trascinato tutta la compagnia nella satira realistica di Bertold Brecht, che forse non tutti del numeroso pubblico ha capito e/o approvato ma che tutti hanno applaudito, non fragorosamente, ma applaudito con ripetute chiamate al proscenio.  
                                          FISCHIO 10 (dieci)

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