Solo la estrema penuria di testi teatrali validi può
spiegare , ma non giustificare,
la velleità di Paolo Valerio, insigne regista del Teatro Stabile del
Veneto, di realizzare un
“adattamento teatrale” di un testo
letterario come “ Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzatti, rappresentato al
Teatro Toselli di Cuneo Martedì 10 Aprile 2018.
A mio
parere, se c’è un testo letterario che non consente di essere teatralizzato è
questo. Scritto nel 1940 è considerato dalla critica il vertice della narrativa
esistenzialista italiana,
insieme alle opere di Alberto
Moravia. Nel 1953 ne fu
tentata una versione cinematografica con la regia di Valerio Zurlini ed un cast stellare: Jacques Perrin, Vittorio Gassman.
Giuliano Gemma, Philippe Noiret,
Jean Louis Trintignant, Max von Sidow, Helmut Griens, Laurent Terzieff,
Fernando Rey, Lilla Brignone, Giuseppe Pambieri. La racconta Paolo Mereghetti noto
critico cinematografico: “il tenente Drogo (Perin) trasferito in una fortezza
ai margini del deserto, sogna la gloria, ma quando i tartari arrivano, viene
portato via moribondo.” Mereghetti conclude: “ Lunga e scolastica versione del
romanzo omonimo di Dino Buzzatti appesantita da episodi e personaggi assenti
nel libro. Più televisivo che
kafkiano”. Enigmatico, kafkiano, come è invece il libro di Buzzatti : una “fuga del tempo” in attesa
della morte (i tartari vedi nota) che deve
fatalmente arrivare ma quando ? e
che quindi pone riflessioni esistenziali, intime, personali, “ascoltando il
proprio corpo”, che non si
prestano ad essere teatralizzate.
In
teatro deve sempre succedere qualcosa, e anche il monologo o il dialogo
debbono sempre raccontare
qualcosa. Certo anche un
testo teatrale, come un libro,
trasmette pensieri, ma non solo con le parole ma con le azioni.
Ma della improprietà dell’adattamento teatrale
di un tale libro deve essersi reso conto anche l’adattatore teatrale e regista
di questo spettacolo . Infatti ha
sentito il bisogno di riportare interi brani scritti del libro di Buzzatti
corredandoli anche da gigantesche proiezioni di quei strani ed inquietanti
dipinti dello stesso Buzzatti
In conclusione lo spettacolo mi ha lasciato insoddisfatto come mi è
parso lo sia stato il pubblico del Toselli, stante i tiepidi applausi finali.
FISCHIO NEGATIVAMENTE 5 (cinque) VOLTE
NOTA
Tartaro (in greco antico: Τάρταρος, Tártaros) indica, nella Teogonia di Esiodo, il luogo inteso come la realtà tenebrosa e sotterranea (katachthònia), e quindi il dio che lo personifica, venuto a essere dopo Chaos e Gaia.
Zeus vi rinchiuse i Titani, stirpe divina e padri degli dei dell'Olimpo, dopo averli sconfitti a seguito della Titanomachia. Lì, inoltre, si trovavano altri mostri come, ad esempio, le Arai, ma anche mortali puniti per i loro gravi misfatti come Tantalo (re della Libia, punito dagli dei per le sue colpe con una fame e una sete insaziabili: sebbene avesse accanto a sè frutti e acqua, non appena tentava di afferrarli questi si allontanavano da lui) [1] Sempre in Esiodo,[2] Tartaro è considerato il procreatore, insieme con Gaia, di Tifeo. (WIKIPEDIA)
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